MUSIKALISCHES OPFER BWV 1079

10/06/2014
21:00
Oratorio S.Filippo Neri - Piazza S. Firenze

in collaborazione con Omega Musica

ORATORIO DI SAN FILIPPO NERI

piazza San Firenze

Johann Sebastian Bach

(Eisenach 1685 - Leipzig 1750)

MUSIKALISCHES OPFER

BWV 1079

ENSEMBLE SAN FELICE

flauto dolce Marco Di Manno

traversiere Marta Mazzini

violino I Luigi Cozzolino

violino II, viola Anna Noferini

violoncello Federico Bardazzi

clavicembalo Rossella Giannetti

RICERCAR A 3 clavicembalo

RICERCAR

Regis Iussu Cantio Et Reliqua Canonica Arte Resoluta

CANON PERPETUUS SUPER THEMA REGIUM

traversiere, viola, violoncello

Thematis Regii Elaborationes Canonicae

CANONES DIVERSE SOPRA THEMA REGIUM

Canon 1, a 2 cancrizans violino I, violino II

Canon 2, a 2 Violini in unisono

violino I, violino II, violoncello

Canon 3, a 2 per Motum contrarium

traversiere, violino I, viola

Canon 4, a 2 per Augmentationem, contrariu Motu

“Notulis crescentibus crescat Fortuna Regis” 

violino I, violino II, viola

Canon 5, a 2 per Tonos

“Ascendenteque modulatione ascendat Gloria Regis”

violino, viola, violoncell

FUGA CANONICA IN EPIDIAPENTE traversiere, clavicembal

RICERCAR A 6 flauto dolce, traversiere, violino I, violino II,

viola, violoncello, clavicembalo

QUAERENDO INVENIETIS

Canon a 2viola da gamba, violoncello

Canon a 4 violino I, violino II, viola, violoncello

SONATA SOPR’IL SOGGETTO REALE 

A TRAVERSA, VIOLINO E CONTINUO

largo, allegro-adagio-allegro, andante, allegro

traversiere,violino, violoncello, clavicembal

CANON PERPETUUS SUPER THEMA REGIUM

traversiere,violino, violoncello, clavicembalo

Tre sono  i punti di riferimento principali che si devono tenere presenti e approfondire quando ci accostiamo all’Offerta Musicale.  Innanzitutto il celebre episodio del 7 maggio del 1747, quando il Thomaskantor, ormai giunto agli ultimi anni di vita, sempre meno incline alla composizione di musica speculativa per occasioni religiose o cerimoniali e sempre più proiettato a riconsiderare le forme musicali più arcaiche e razionali, fece visita al sovrano, il principe Federico II “il grande”, mecenate, amante delle arti e abile suonatore di traversiere. In quella storica occasione Bach  innanzitutto visionò uno dei primi modelli di fortepiano, o meglio di Hammerklavier, costruiti da Gottfried Silbermann, che avrebbero di lì a poco sostituito il clavicembalo e non ne fu per niente entusiasta. Ma soprattutto realizzò la improvvisazione, proprio su uno di questi strumenti, di una fuga a tre voci su un tema composto dallo stesso Federico II, il cosiddetto Thema regium. Tornato a Lipsia elaborò sul medesimo tema un ciclo di 13 brani che donò al principe con un’ampia dedica redatta in uno stile particolarmente ampolloso e servigiale, consono alle usanze dell’epoca:  quindi una “Offerta” per il sovrano musicista, autore del tema e a sua volta strumentista ed esecutore dell’opera in oggetto.

Per scoprire il secondo aspetto fondamentale che dette origine alla stesura dell’Offerta Musicale, si deve tenere presente che il Kantor entrò a far parte negli ultimi anni della sua vita della società scientifica “Mizler”, alla quale erano affiliati numerosi accademici e intellettuali di Lipsia. Era usanza che annualmente ogni membro offrisse alla società un saggio, una dimostrazione scientifica o una dissertazione filosofica e pare appunto che l’Offerta musicale fosse una sorta di “comunicazione scientifica” che, sotto il segno di un unico tema variato e sviluppato nelle più molteplici forme, consolidasse l’apporto che anche l’arte, nel secolo dei lumi, poteva dare alla scienza.

Il terzo aspetto fondamentale è l’Ars retorica, che ci proietta più direttamente e in profondità nella la struttura generale e contemporaneamente nei dettagli dell’opera. Infatti sappiamo molto bene come nel barocco maturo 

l’estetica degli affetti avesse affinato il suo linguaggio e definito, attraverso l’utilizzo costante di figure retoriche, molti stilemi, alcune vere e proprie raffigurazioni pittoriche e i più vari e sofisticati modelli per esprimere il proprio pathos e il proprio ethos nel modo più efficace, ma in questo caso non ci si limita ad una problematica legata al solo linguaggio musicale, ma ad un utilizzo dell’impianto della retorica, inteso come Ars oratoria nel senso ciceroniano, proprio nella impostazione generale dell’opera.

Nel 1729 fu eletto come Rettore della Thomasschule di Lipsia Johann Matthias Gesner, filologo di ottimo livello, che alcuni anni dopo lasciò Lipsia per prestare servizio all’Università di Göttingen. Il Gesner, grande estimatore di Bach, approfittò dello spazio che nel 1738 gli offriva un suo commentario ad una nuova edizione del De Institutione Oratoria di Marcus Fabius Quintilianus, per  esaltare le grandi qualità di Bach esecutore e direttore di musica:

“(cfr.) Ben poca cosa potresti pensare che sia tutto ciò, o Fabio, se resuscitato ti toccasse di vedere quel Bach: da un lato percorre la tastiera usando l’una e l’altra mano, dall’altro muove i piedi con estrema velocità e produce una gran quantità di suoni di cui non sarebbero capaci i vostri innumerevoli suonatori di lira e di flauto, quantunque io sia un fautore del tempo antico, ritengo che il mio Bach riunisca in sé molti Orfei e venti Arioni”

Proprio il collegamento fra Bach e  Quintiliano, attraverso Gesner, ci conduce alla essenza di questa opera, soprattutto seguendo le conclusioni a cui è pervenuta la musicologa Ursula Kirkendale attraverso i suoi fondamentali studi sintetizzati nell’importante articolo The source for Bach’s Musical offering. the Insitituio oratoria of Quintilian, pubblicato nel 1980 dall’American journal of musicological society. Secondo la Kirkendale,  le varie sezioni, i temi e anche le singole cellule musicali, sono condotte da Bach in maniera da riprodurre un percorso musicale nel perfetto stile oratoriale suggerito da Quintiliano nella ideale scena di un processo, dove un buon oratore, ad esempio un avvocato, deve saper essere convincente con il giudice per ottenere il successo sperato. Ecco che così si alternano in questo sottile e raffinato gioco delle parti, l’avvocato dell’accusa e della difesa, ora facendo leva sui sentimenti, ora sulla ragione, coinvolgendo il pubblico e cercando di 

persuadere il giudice ognuno della propria verità. In tal modo si può meglio comprendere la raffinatezza di questa “Offerta” al sovrano che, fine conoscitore dell’oratoria e della retorica classiche, potesse essere gratificato con un linguaggio di così alto profilo. Quindi la successione dei brani, anch’essa argomento, nel corso dei secoli, di divergenze di opinione e la loro interpretazione, oggetto ancora oggi di numerose proposte esecutive differenti, viene ad essere così realizzata secondo i vari momenti di una orazione da svolgere in un ideale processo, come già detto, seguendo i dettami di Quintiliano nel suo “De insitutione oratoria”, nel seguente modo:

I SEZIONE

Ricercar a 3                                             exordium

acrostico RICERCAR                                     transitus

Canon perpetuus                                        narratio brevis

Canones diversi 1 - 5                   narratio longa (repetita narratio)

Fuga Canonica in Epidiapente                egressus

II SEZIONE

Ricercar a 6                                                 exordium II (insinuatio)

Canon a 2 e a 4                        argumentatio (probabtio + refutatio)

Triosonata                                                    peroratio in adfectibus

Canon perpetuus                                        peroratio in rebus

Si noti innanzitutto come sia la prima che la seconda sezione siano aperte da un ricercare e come all’inizio e alla fine del corpus vi sia un canone perpetuo.

Il primo Ricercare a 3 voci, realizzato al cembalo, ha la funzione di primo exordium ovvero di principium, di introduzione e presenta il Tema regio, arrichendolo con terzine per ottenere il senso del delectari (b 38 e segg.), richiesto da Quintiliano, e utilizzando il ritmo pirrichio o alla zoppa (b 42 e segg.)  - utilizzato anche nel concitato monteverdiano - per conferire un senso di agitazione nella prosecuzione dell’esposizione tematica.

Il famoso acrostico Regis Iussu Cantio Et Reliqua Canonica Arte Resoluta, RICERCAR, viene collocato da Bach tra l’exordium e la narratio secondo i dettami di Quintiliano che richiede un collegamento, il Transitus,  tra queste due parti.

La narratio brevis è affidata al primo Canon perpetuus, anch’esso realizzato a 3 voci da traversiere, viola da gamba e violoncello. Qui sono da notare due aspetti, la diminuzione ritmica del tema (affidato alla viola da gamba) e il canone libero tra le due parti estreme (traversiere e violoncello), con il loro disegno di figurazioni puntate che in senso retorico rappresentano la regalità in onore al sovrano dedicatario dell’opera (un esempio fra tutti dell’utilizzo di questa cellula ritmica si trova nel “Rex tremendae maiestatis” del  Requiem K 626 di Mozart). La narratio brevis, se seguita dalla narratio longa (detta anche repetita narratio ) secondo Quintiliano,  da origine alla oratio perpetua, ecco perché tutti questi 5 “Canoni diversi” sono in realtà canoni perpetui.

Il senso delle due narratio  consite in una prima esposizione sintetica e in una seconda più approfondita, che sviluppa tutti gli aspetti introdotti dalla prima, in tal senso questi canoni rappresentano ognuno una delle cosiddette “virtù dimostrative” e più precisamente nel loro rispettivo ordine: naturalezza, imitazione, semplicità, magnificenza ed evidenza.

Il primo Canone è cancrizzante, ovvero il secondo violino esegue il brano partendo dall’ultima nota della parte del primo, la struttura di questo canone è stata ripresa anche da Hindemith, nel Ludus tonalis, proprio in omaggio all’Offerta Musicale. Riguardo alla naturalezza, secondo una ipotesi tentata dalla Kirkendale, è da sottolineare il fatto che il sovrano avesse una inclinazione omosessuale, appunto naturale e opposta.

Nel secondo Canone abbiamo invece un fulgido esempio di genus theatralis . Infatti riprendendo un esempio tratto dall’Iliade, in cui gli dei lottano fra loro, riportato da Quintiliano nella sua opera, Bach utilizza il disegno discen

discendente del tema dei due violini in canone all’unisono a distanza di una battuta  per rappresentare Giove, o meglio, le sue saette che si abbattono dal cielo sulla terra  - riprendendo anche qui una idea Monteverdiana. Ai gruppi di ottavi legati a tre a tre in senso ascendente viene associata la figura di Marte, mentre per rappresentare Nettuno Bach utilizza la figura retorica della circulatio, con ottavi che disegnano dei veri e propri circoli sulla partitura, come un movimento continuo di onde. Per la figura di Agamennone,  infine, è scelto un segmento formato da salti di ottavi in senso ascendente.

Vi è però anche un’altra chiave di lettura di questo canone, ovvero,  l’imitazione, resa attraverso il canone a distanza di una battuta dei violini, che vuole rievocare una sorta di ideale interrogatorio da parte dei due avvocati a un teste o all’imputato stesso. In questo brano il Thema regium di nuovo in figura di minime si svolge alla parte del basso.

Nel terzo Canone la simplicitas  è data dal fluire scorrevole del canone per moto contrario affidato alle due parti inferiori mentre il Tema regio è proposto dal flauto al superius.

Il quarto Canone è preceduto dal mottoNotulis crescentibus crescat Fortuna Regis”, infatti è un canone per aumentazione, oltrechè per moto contrario, dove la magnificentia è complementare e sinonimo al tempo stesso della fortuna. E’ insistente di nuovo l’utilizzo, come nel primo Canone, della figurazione puntata, e il tema viene ornamentato quasi in stile di ouverture alla francese.

Nel quinto Canone ancora un motto introduttivo“Ascendenteque modulatione ascendat Gloria Regis” dove l’evidentia è anche qui una parafrasi della manifesta gloria di Federico II. Il procedimento adottato è singolare, infatti, proponendo il canone di 8 battute in senso ascendente per tono, si potrebbe proseguire all’infinito, tuttavia la realizzazione più naturale è la seguente: do, re, mi, fa#, sol#, la#, si# (= do), in tal modo con la settima ripetizione enarmonicamente si ritorna all’inizio. E’ da notare l’insistente utilizzo del solido ritmo dattilico, che pervade tutta l’opera e che vuole esprimere la stabilità della gloria del sovrano, mentre l’utilizzo sia in questo canone che nel precedente (magnificentia e gloria) del metro dell’inno di lode del peana (ovvero una sillaba-nota lunga seguita da tre brevi) ne caratterizza l’andamento anch’esso in modo simbolico. Si noti infine come la perpetua ripetizione di queste 8 misure, oltretutto, come già sottolineato, in senso ascendente, voglia evidenziare sia la infinita gloria e maestà del sovrano, sia l’augurio del suo perdurare all’infinito nel tempo.

Si giunge così alla Fuga canonica in epidiapente che ha la funzione di ricapitolare tutta la prima sezione e, sempre attraverso Quintiliano, alludendo all’Iliade, le tre voci simboleggiano la bellezza di Agamennone, la forza di Achille e il coraggio di Tideo, quest’ultimo raffigura proprio Federico II che, come l’eroe omerico, seppur esile di statura, non difettava di una forte personalità. Per quanto riguarda il linguaggio retorico da utilizzare, Quintiliano parla di tre generi, il genus subtilis, il genus gravis e il genus 

medium, ognuno dei quali è appropriato per un relativo tipo di oggetto dell’esposizione oratoria. Bach li utilizza tutti e tre, alternandoli e integrandoli in questa sezione in modo mirabile, proprio in ottemperanza alle richieste dell’antico e dotto maestro. Solo per fare alcuni esempi basti pensare alle figurazioni puntate che rappresentano la regalità come al “genere grande”, il “genere semplice” lo si può individuare nelle fluide successioni di sedicesimi per grado congiunto del secondo Canone. mentre il “genere medio” può essere rappresentato da alcune variazioni della proposta del Thema regium.

Si apre questo punto la seconda sezione con una vera e propria fuga a sei voci, il Ricercare a 6, nel quale ogni strumento espone il tema per intero due volte e che ha la funzione di exordium II. Di questo brano non ci è pervenuto il manoscritto ma, nella prima stampa la notazione è per tastiera, in modo simile ai Fiori musicali di Frescobaldi e pertanto è plausibile anche una esecuzione per clavicembalo solo, tuttavia la presentazione finalmente di tutti gli strumenti nel loro insieme, assume una importanza fondamentale, proprio dal punto di vista retorico, soprattutto qui, al centro della composizione.

Fa seguito una esposizione di Canoni a 2 voci per moto contrario aperta dal motto “cercando troverete”. Nel tempo sono state cercate varie possibilità di entrata della seconda voce, però le uniche due funzionali sono alla 14 e alla 4 battuta. Realizzate da viola da gamba e violoncello simboleggiano le arringhe dell’accusa e della difesa, che appunto dicono cose opposte, rifacendosi però agli stessi fatti e facendo leva sugli stessi sentimenti, seguendo lo schema della probatio e della refutatio di Quintiliano.

Il Canone  a 4 è un magnifico esempio di contrappunto quadruplo che conclude questa interessante parte. Ciò significa avere la possibilità di realizzare la più completa interscambiabilità fra le 4 parti, nelle diverse ottave.

A questo punto si abbandona momentaneamente la rigorosità razionale dell’oratoria per entrare nel vivo della sfera degli affetti. Infatti la Triosonata, nella forma classica di una sonata da chiesa, ha la funzione di peroratio in adfectibus, ovvero un buon oratore in questo momento deve colpire nel cuore e nei sentimenti il giudice e gli ascoltatori, ecco così che il Thema regium viene nascosto nel primo movimento, largo, fra la pulsazione del vibrato di arco del basso in movimento di danza lenta di sarabande, mentre il motivo del flauto e del violino rievoca in senso retorico, attraverso la figura della suspiratio, il levare della seconda parte del Tema regio. Il flauto e il violino rappresentano inoltre ancora una volta le due diverse personalità dell’avvocato accusatore e difensore che lottano fra loro. Nel secondo movimento, allegro, la melodia è un vero e proprio controsoggetto al Thema regium che viene citato 4 volte, in tutto il lungo brano, sempre dal basso. Il terzo movimento, andante, sviluppa profondamente il senso della miseratio, ovvero della preghiera, della lamentela delle due parti, sempre attraverso figurazioni anacrusiche. Il quarto movimento, allegro, è una gigue in 6/8, che stempera il pathos dell’andante precedente e conclude la sonata. In questo movimento, a differenza degli altri, il Tema regio viene proposto completo, seppur variato, dalle due voci superiori. 

C’è però ancora spazio per la peroratio in rebus, ovvero la ricapitolazione razionale, quella che il Bach delle Cantate sacre, dopo aver fatto vibrare le corde degli affetti, espone attraverso il Corale finale, riconducendo alla forza della razionalità, al fare appello sul proprio intelletto e sul proprio discernimento morale e spirituale.

Naturalmente non si può ridurre tutto ciò a un puro esercizio mentale o tantomeno ad un’arida dimostrazione di virtuosismo compositivo, ma dobbiamo ricondurre questo complesso procedimento a quello spazio indefinito che sta tra “Ars e Scientia”, tra numerologia, matematica e simbolismo da un lato e intuizione pura e astrazione assoluta dall’altro, che si ricollega tuttavia ad un mondo creativo che attinge a tutte le risorse che ha a disposizione nella sfera materiale, sentimentale e spirituale e che trova un punto di incontro e di sintesi in uno spazio assoluto, astratto e reale al tempo stesso, che può trovare luogo solo in maniera misteriosa e inafferrabile nella visione di un genio.

Federico Bardazzi, Rossella Giannetti*

Accademia San Felice

 

Johann Sebastian Bach

MUSIKALISCHES OPFER

 

Marcus Fabius Quintilianus

De Insititutione Oratoria

 

Offerta Musicale

A Sua Maestà il Re di Prussia

molto umilmente dedicata

da

Johann Sebastian Bach

Graziosissimo Sovrano,

con la più  profonda sottomissione dedico a Vostra Maestà un’Offerta Musicale la cui parte più nobile proviene dalle sue auguste mani. Con reverenziale piacere mi sovvengo ancora della sovrana grazia tutta particolare con la quale tempo fa Vostra Maestà medesima, nel corso di una mia permanenza a Potsdam, si è degnata di eseguire al cembalo un thema per una fuga, in pari tempo graziosamente 

ingiungendomi di tosto svilupparlo alla Sua augusta presenza. Fu mio deferente dovere ubbidire al comando di Vostra Maestà. Ma assai presto mi accorsi che in mancanza della necessaria preparazione, l’elaborazione non era potuta essere quella che un thema così eccellente richiedeva. Pertanto, giunsi alla conclusione, e subito me ne assunsi l’impegno, che occorreva rielaborare in modo più compiuto questo thema veramente reale e farlo conoscere quindi al mondo. Questo proposito è stato ormai realizzato secondo le mie capacità e altra intenzione non ha se non quella irreprensibile di celebrare, quantunque soltanto in un piccolo punto, la gloria di un monarca la cui grandezza e forza tanto nelle scienze della guerra e della pace quanto specialmente nella musica, tutti devono ammirare e venerare. Oso aggiungere questa preghiera umilissima: che Vostra Maestà si degni di onorare il presente modesto mio lavoro con una graziosa accoglienza e conceda ancora per l’avvenire la Sua altissima grazia sovrana all’autore

            Di Vostra Maestà servitore umilissimo ed obbedientissimo. Lipsia, 7 luglio 1747

dal commentario di Johann Matthias Gesner, Rettore della Thomasschule di Lipsia

al De Institutione Oratoria di Marcus Fabius Quintilianus

...Ben poca cosa potresti pensare che sia tutto ciò, o Fabio, se resuscitato ti toccasse di vedere quel Bach: da un lato percorre la tastiera usando l’una e l’altra mano, dall’altro muove i piedi con estrema velocità e produce una gran quantità di suoni di cui non sarebbero capaci i vostri innumerevoli suonatori di lira e di flauto, quantunque io sia un fautore del tempo antico, ritengo che il mio Bach riunisca in sé molti Orfei e venti Arioni. Lipsia 1738

 

 

EXORDIUM I - RICERCAR A 3

IV.I.5 

La ragione dell’esordio risiede solo nel fatto di dover preparare l’ascoltatore in modo che poi sia meglio disposto nei nostri confronti anche nelle altre parti. Quasi tutti gli studiosi convengono che questo risultato si raggiunga essenzialmente in tre modi: se l’avremo reso benevolo, attento, accondiscendente. Non dico che questi atteggiamenti vadano custoditi lungo il corso dell’intera causa, ma essi sono necessari soprattutto nelle fasi iniziali, quelle con cui penetriamo nell’animo del giudice per poter poi procedere.

IV.I.33           

Anche la sicurezza nelle proprie capacità di solito rischia di apparire arroganza. Conciliano il favore della giuria anche quegli atteggiamenti abbastanza comuni e tuttavia da non tralasciare, per evitare che la parte avversa se ne impossessi: esprimere desideri, criticare in modo violento, fare richieste, dimostrare preoccupazione, perché in generale l’attenzione del giudice viene destata se il caso sembra essere nuovo, grande, scandaloso, esemplare, e soprattutto se il giudice è toccato in prima persona o è preoccupato per lo stato, e il suo animo allora va stimolato con la speranza, la paura, gli ammonimenti, le preghiere, e anche - se pensiamo possa essere di qualche utilità - la menzogna.

TRANSITUS - RICERCAR

Regis Iussu Cantio Et Reliqua Canonica Arte Resoluta

NARRATIO BREVIS - CANON PERPETUUS SUPER THEMA REGIUM

IV.II.40

            La narratio sarà breve innanzitutto se cominceremo da dove ha inizio l’ambito di pertinenza del giudice, secondariamente se non diremo nulla che travalichi i confini della causa, e poi ancora se taglieremo tutto ciò la cui eliminazione non toglie nulla né alla comprensione né all’utilità.

IV.II.46          

Tuttavia la brevità non deve essere priva di ornamento, viceversa sarebbe rozza; infatti da una parte il piacere trae in inganno e dall’altra le cose che piacciono sembrano meno lunghe, come una strada bella e facile da percorrere, anche se è più lunga, affatica meno di una scorciatoia difficile e ghiaiosa.

NARRATIO LONGA

CANONES DIVERSE SOPRA THEMA REGIUM

Canon a 2  cancrizans, NATURALITAS

Canon a 2 Violini in unisono IMITATIO

Canona 2 per Motum contrarium SIMPLICITAS

Canon a 2 per Augmentationem, contrariu Motu 

“Notulis crescentibus crescat Fortuna Regis”  MAGNIFICENTIA

Canon a 2 per Tonos “Ascendenteque modulatione ascendat Gloria Regis”  EVIDENTIA

XII.X.58        

Esiste un’altra ripartizione, che si suddivide anch’essa in tre parti e che sembra permettere anche una chiara distinzione tra i generi corretti dello stile. Il primo è infatti lo stile “semplice”, che i Greci chiamano ischnos; il secondo è lo stile “grande e robusto”, chiamato adros, mentre il terzo è, secondo alcuni, una via di mezzo tra gli altri due, secondo altri uno stile “fiorito” (e per questo viene chiamato antheros).

XII.X.59        

Ecco, più o meno, la funzione di questi tre stili: il primo sembra avere il compito di insegnare, il secondo di commuovere, mentre il terzo (in qualunque modo si chiami) ha la funzione di dilettare o, come sostengono altri, di attirare a sé il favore del pubblico: per informare la giuria sembra esserci del resto bisogno della sottigliezza, per conciliarsela serve la dolcezza, per commuoverla la forza. Perciò la capacità di raccontare i fatti e di presentare le prove si fonda principalmente sullo stile semplice, ed esso risulta, a suo modo, pieno anche se gli si tolgono le altre sue qualità.

VIII.III.61     

L’ornamentazione è qualcosa di più di ciò che è chiaro e verosimile. I suoi primi due gradi consistono nel concepire e nell’esprimere quello che si vuole, mentre il terzo nel rendere questi pensieri più brillanti, vale a dire quello che, usando il termine appropriato, si potrebbe definire “eleganza”.

VIII.VI.67     

l’iperbole è la forma più audace dell’ornamentazione. Si tratta di un’esagerazione conveniente della verità: possiede in ugual misura tanto la virtù di amplificare quanto quella di attenuare.

XII.X.62        

Qui l’oratore solleverà il suo discorso con le amplificazioni e lo farà salire ancora più in alto arrivando fino all’iperbole, come per esempio nelle frasi «Quale Cariddi fu altrettanto vorace?» e «L’Oceano stesso si porrà in mezzo a loro con maggiore fiducia»: questi esempi brillanti sono noti infatti anche agli studiosi. Qui l’oratore farà scendere 

gli dèi sulla terra, rendendoli quasi presenti e trasformandoli in interlocutori: «Voi, o colline e boschi sacri di Alba, voi, altari diruti degli Albani, alleati e amici dei riti sacri del popolo romano». Qui susciterà l’ira del giudice, qui la sua misericordia; per le sue parole il giudice impallidirà, piangerà, lo seguirà da tutte le parti, passando attraverso tutti gli stati d’animo, e non sentirà il bisogno di essere informato sulla causa.

III.VII.12

            L’elogio dell’uomo deve poi derivare dal suo animo, dal suo corpo e da altri elementi esteriori. E se le sue caratteristiche fisiche e quelle esteriori sono poco significative, non devono essere trattate in un solo modo. Alcune volte descriviamo infatti la bellezza e la forza fisica onorandole con le nostre parole, come fa Omero quando parla di Agamennone e di Achille, mentre in altri casi anche un difetto fisico può fornire un grande contributo all’ammirazione, come fa lo stesso Omero quando dice che Tideo era piccolo di statura, ma era un guerriero bellicoso.

EGRESSUS - FUGA CANONICA IN EPIDIAPENTE

IV.III.1          

Secondo il normale ordine dell’orazione, alla narratio segue la confirmatio; vanno infatti provate le argomentazioni che abbiamo esposto a questo scopo.

IV.III.5          

Nulla è infatti tanto consequenziale come la confirmatio rispetto alla narratio, a meno che la digressione non costituisca all’incirca la fine della narratio o l’inizio della confirmatio. A volte quindi vi sarà spazio per la digressione: per esempio, se verso la fine l’esposizione avrà toni drammatici, potremo svilupparla come se fossimo spinti da un’indignazione che esplode improvvisa.

EXORDIUM II - RICERCAR A 6

traversiere, violino I, violino II, viola da gamba, violoncello, clavicembalo

IV.III.9           Ma come non sempre è necessaria la digressione che segue la narrazione, così spesso è utile una preparazione prima della discussione, soprattutto se, a prima vista, risulterà meno atta a conciliarsi il favore della giuria, se invocheremo una legge severa o chiederemo sanzioni 

penali. Questo è il momento d’inserire una sorta di esordio, finalizzato a conciliarci il giudice con le nostre prove, ad addolcirlo, a scuoterlo. In questo caso possiamo farlo più liberamente e con più forza, perché il giudice è già a conoscenza della causa.

IV.I.42            Ed è per questo che alcuni dividono l’esordio in due sezioni, l’introduzione e l’insinuazione, poiché nella prima si troverebbe una diretta preghiera al giudice a essere benevolo e attento: dato che questa preghiera non può esserci nel genere di causa turpe, è l’insinuazione a introdursi strisciante nell’animo del giudice, soprattutto laddove la causa non si presenta abbastanza onesta, perché la questione è riprovevole o ha poco consenso popolare, oppure è penalizzata anche dall’apparenza stessa e genera odi quando, per esempio, ci stanno di fronte come avversari un patrono o un padre, oppure pietà nel caso di un vecchio, un cieco, un bambino.

ARGUMENTATIO - Quaerendo invenietis

CANON A 2

CANON A 4

IV.I.14

            Infatti è solo il senso di commiserazione che piega anche il giudice corretto. Questi argomenti però, all’interno del proemio, vanno assaggiati e non consumati. Solitamente la personalità dell’avversario si attacca all’incirca con tutti questi strumenti, ma usati al contrario. Infatti l’invidia tiene dietro ai potenti, il disprezzo agli umili e agli abbietti, l’odio ai disonesti e ai colpevoli: e questi sono i tre mezzi che maggiormente ottengono l’effetto di alienare l’animo dei giudici.

PERORATIO IN ADFECTIBUS

SONATA SOPR’IL SOGETTO REALE A TRAVERSA, VIOLINO E CONTINUO

VI.I.9 

I due avvocati faranno in genere anche appello agli stessi sentimenti; quello dell’accusa, però, ne userà alcuni, mentre l’avvocato difensore si servirà di altri, con più vigore e maggior frequenza; al primo spetta infatti il compito di eccitare i giudici, al secondo quello di placarli. D’altronde anche l’avvocato dell’accusa può provocare talvolta le lacrime cercando di suscitare pietà nei confronti di colui per 

il quale domanda giustizia, e pure l’imputato a volte si lamenta con particolare veemenza per l’indegnità della calunnia o del complotto del quale è vittima. È quindi molto utile trattare separatamente questi compiti che sono, come ho detto, per lo più simili a quelli dell’esordio, ma offrono maggiore libertà e sono più ampi.

VI.I.29

            Cerchiamo dunque di non permettere che il nostro lavoro si raffreddi e di abbandonare la mozione degli affetti quando l’abbiamo portata al grado più alto, senza sperare che la gente pianga a lungo per le disgrazie altrui: per questo motivo il tono dell’orazione deve crescere non solo in altre sezioni, ma soprattutto nella perorazione finale, poiché tutto ciò che non aggiunge nulla alle parti precedenti sembra addirittura togliere loro qualcosa, e lo slancio patetico che comincia a diminuire di intensità scompare facilmente.

VI.I.23

            Il peso maggiore ce l’ha tuttavia il sentimento di pietà, che costringe il giudice non solo a piegarsi, ma anche a confessare con le lacrime il turbamento del suo animo. Questo sentimento sarà fatto scaturire con la descrizione delle sofferenze che l’imputato ha patito o di quelle che sta soffrendo proprio durante il processo o di quelle che lo aspettano dopo la condanna: e questa stessa descrizione raddoppia il suo effetto quando confrontiamo il suo stato precedente con quello in cui è destinato a precipitare.

VI.I.11           

L’atteggiamento comune per entrambe le parti è quindi quello di attirare il giudice dalla propria parte, di allontanarlo dall’avversario, di eccitare e frenare i suoi sentimenti. E possiamo dare questo consiglio estremamente sintetico a tutte e due le parti: l’oratore deve concentrare l’attenzione su tutti i punti di forza della sua causa e, quando abbia visto che cosa nei fatti risulti (o possa sembrare) odioso, favorevole, sfavorevole o degno di compassione, deve insistere su quegli elementi che più di altri lo commuoverebbero se fosse lui a dover giudicare. Ma il procedimento più sicuro è quello di passare in rassegna i singoli punti uno per uno.

VI.II.6

            Quando infatti cominciano a provare ira, simpatia, odio, pietà, pensano che la cosa già li riguardi personal

mente e, come gli innamorati non sono in grado di giudicare la bellezza poiché la passione dell’animo ha la meglio su quello che vedono gli occhi, così il giudice preso dal sentimento trascura ogni tipo di ricerca della verità: viene trascinato dal calore della passione e gli obbedisce come se fosse travolto da un fiume vorticoso.

VI.I.46

Lo scopo della perorazione finale non consiste però solamente nel suscitare la pietà, ma anche nel cancellarla, ora con un discorso privo di interruzioni, che riporti i giudici, commossi dalle lacrime, alla giustizia, ora anche con alcune battute di spirito, come: “Date da mangiare al ragazzo per non farlo piangere”.

VI.III.9

            Spesso una risata prorompe anche dalla bocca di chi non vuole ridere, e non svela i pensieri solo tramite l’espressione del volto e l’inflessione della voce, ma scuote tutto il corpo con la sua forza. Spesso, però, come ho già detto, in un momento critico ribalta completamente la situazione, come avviene, per esempio, quando (e questo capita molto spesso) riesce a placare l’odio e l’ira cancellandoli.

VI.III.45

            Ma se si vuole essere spiritosi la battuta concisa risulta più pungente e più rapida. Certo, le forme sono due, la provocazione e la replica, ma le regole sono in parte le stesse; non c’è nulla infatti di quello che si può dire provocando che non possa essere detto anche replicando.

PERORATIO IN REBUS - CANON PERPETUUS SUPER THEMA REGIUM

VI.I.1

            La parte seguente era la peroratio, che alcuni chiamano cumulus, altri conclusio. La perorazione è di due tipi, perché può essere basata o sui fatti o sui sentimenti. La ripetizione e l’accumulo dei fatti - che in greco si chiama anakefalaiosis, mentre alcuni Latini la chiamano enumeratio - hanno l’obiettivo di rinfrescare la memoria del giudice e di mettergli contemporaneamente davanti agli occhi tutta la causa: se tutti i particolari, ascoltati uno per uno, non avevano suscitato il suo interesse, il loro accumulo riesce nell’intento.

I.XII.3

I suonatori di cetra non badano forse nello stesso tempo alla memoria, al suono della voce e alle diverse modulazioni, mentre con la destra scivolano su alcune corde, con la sinistra ne pizzicano altre, le trattengono, le lasciano andare, e il piede, neanche questo inoperoso, batte il tempo: tutto ciò non avviene forse simultaneamente?

IX.IV.116

            Il posto che, in una poesia, occupa la versificazione, in un discorso in prosa lo tiene quindi la composizione. Il giudizio migliore sulla composizione lo pronunciano poi le orecchie, poiché sono loro che sentono se il suono è pieno, che capiscono quando manca qualcosa che deve essere aggiunto, che sono offese dai suoni aspri e accarezzate da quelli delicati, che vengono eccitate dalle frasi impetuose e lodano quelle calme, che si accorgono dei ritmi zoppicanti e provano fastidio per tutto quello che è ridondante oppure eccessivo. Perciò le persone colte comprendono le regole della composizione, mentre perfino gli ignoranti colgono il piacere che essa procura.

testi a cura di Federico Bardazzi

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